Sulla cura di sè. O sull’ozio.

Rallenta se vuoi andare più lontano. Ed essere più libero.

 

“Non riconosco più mia moglie” mi ha detto un giovane padre qualche giorno fa. “Prima si accontentava di tutto. Ora compra del buon vino, adora ristoranti ricercati, prenota biglietti per teatro e concerti, cambia colore ai capelli, organizza ogni week-end viaggi, gite e passeggiate.”

Che cosa causa, ad un certo punto della nostra vita, la grande scoperta di meritare il meglio? Che cosa ci porta a gustare ogni piccolo o grande piacere della vita senza sensi di colpa? Perché smettiamo di considerarlo velleitario o egoistico e iniziamo a considerarlo, semplicemente, vita?

Credo che un contributo decisivo al grande fraintendimento, che porta a considerare la cura di sé qualcosa di dannoso, derivi dal significato di otium per gli antichi romani. Termine che si contrappone al negotium, cioè agli affari commerciali e a tutto ciò che si fa per la città. L’otium invece è la cura di sé, della propria saggezza, della propria cultura. Per Cicerone otium e negotium sono ugualmente importanti e devono essere praticati allo stesso modo, a fasi alterne.

Ma quando l’otium da padre della saggezza e della filosofia, è diventato il padre dei vizi? Quando abbiamo iniziato a credere che l’uomo (e la donna!) saggio sia colui che corre tutto il giorno, tutti i giorni? Come è accaduto?
Nell’ozio obbligato delle varie ondate pandemiche, alcuni (di sicuro non i genitori con figli piccoli in casa o i ragazzi obbligati ad una convivenza in famiglia) hanno avuto la fortuna di poter recuperare il valore dell’ozio, scoprendone il legame profondo con il proprio benessere. E non vogliono più farne a meno.

In ogni epoca il pragmatismo ha cercato di distruggere il tempo dedicato alla ricerca di sé e della propria realizzazione, misurando i successi o gli insuccessi con il metro semplicistico del valore economico.
Così si è diffusa l’idea che il lavoro sia vita e soprattutto che “Il tempo è denaro”. Il tempo è vita in realtà, la nostra. E prendersi cura di sé vuol dire obbligarci a scegliere di fermarci. Tecnicamente è proprio così: il rilassamento è un atto volontario.
Quindi, prendersi cura di noi, rallentare, pensare, riflettere su chi siamo e dove stiamo andando, approfondire la storia che stiamo vivendo, conoscere, fare le cose che ci piacciono gustando ogni momento, essere gentili con noi è l’esito di un cammino. Non il primo passo.

Non è un caso che agli schiavi dell’antica Roma fosse impedito l’otium: perché rende liberi.

E lavoriamo bene (negoziamo bene) se, e solo se, dedichiamo la stessa energia all’ozio inteso come cura di sé.
Provare per credere!

Noi di Atelier della Formazione ne parleremo anche durante la nostra Schiscetta del Buongiorno e nell’appuntamento live  con la nostra trainer Sonia Stefanovichj.

Ti aspettiamo!

Chiara, Mary e Anna

Foto Sonia

Sonia Stefanovichj

Formatrice, consulente e coach, rappresenta la compagna di viaggio ideale per chi sente di aver perso l’equilibrio o teme di perderlo nel fare una scelta difficile. E’ la migliore alleata di chi odia lamentarsi, di chi si mette in discussione, di chi sa quanto vale ma a volte fa fatica a ricordarselo!
Si occupa di SOFT SKILLS: Gestione del tempo (i suoi corsi hanno raggiunto più di 60 edizioni!), Comunicazione, Conflitto, Problem Solving, Saper lavorare in gruppo, Leadership, Organizzazione, Autonomia, Progettazione, gestione dello Stress.

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